Flight: la storia vera dell’incidente aereo che ha ispirato il film

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Il film Flight, attualmente in programmazione nelle nostre sale cinematografiche, sta tenendo col fiato sospeso il pubblico italiano dopo aver fatto altrettanto con quello americano: l’interpretazione che Denzel Washington ha reso del controverso e disinvolto pilota Whip Whitaker gli ha regalato inoltre una nomination ai prossimi Oscar, una ai Golden Globes e una agli Screen Actors Guild Award.

Nel film, nonostante una condotta decisamente poco professionale, la bravura del pilota gli consente con una manovra azzardata ma provvidenziale (un volo rovesciato) di salvare la vita alla quasi totalità dei passeggeri del suo aereo. Una scena dal fortissimo impatto, che Robert Zemeckis ha voluto girare in maniera cruda e realistica, ricostruendo la cabina dell’aeromobile e facendola girare vorticosamente su una piattaforma per simulare il volo a testa in giù: i volti spaventati degli attori, che non si aspettavano tanta veridicità, non sono dunque una finzione e nei loro sguardi atterriti gli spettatori in sala possono veder rispecchiata la loro stessa tensione.

Il film ha, almeno per la maggior parte dei passeggeri del volto, un lieto fine, che però ha poco a che vedere con la vicenda che avrebbe ispirato il film, cioè il disastro del volo Alaska Airlines 261 del 31 gennaio 2000.

Come nel film, dopo aver denunciato “problemi agli stabilizzatori”, l’aereo in volo verso San Francisco cominciò a precipitare e si inabissò nell’Oceano Pacifico poco a nord dell’isola californiana di Anacapa, andando completamente distrutto nell’impatto con i marosi. Anche in quel caso, il pilota Ted Thompson tentò il tutto per tutto con un volo rovesciato, tanto che uno degli ufficiali a bordo commentò: “In volo rovesciato, ma almeno voliamo”, prima del tragico epilogo: degli 83 passeggeri e dei 5 membri dell’equipaggio infatti non sopravvisse nessuno. L’eroismo del vero pilota, a differenza del suo alter ego cinematografico, non solo non è mai stato in dubbio ma, anzi, gli è valso una medaglia al valore. Naturalmente postuma e purtroppo inutile (Yahoo Cinema)

La recensione di Cineblog (con spoiler)

Un pilota, un padre, un marito, un eroe, o più semplicemente un alcolizzato? Domande che si scontrano a 30.000 piedi d’altezza, precipitando all’impazzata verso uno schianto probabile e scontato, ma miracolosamente evitato, grazie al ‘dono di Dio’, al puro caso, al destino o alle qualità motorie di un personaggio sbronzo ma tecnicamente preparato. E qui interpretato da uno straordinario Denzel Washington, per la sesta volta più che meritatamente candidato agli Oscar.

Il Capitano William “Whip” Whitaker è uno di quei piloti sicuri di se’, da anni in volo e per questo instancabili, tanto da concedersi più tratte in pochi giorni. Fino all’arrivo dell’incidente che rischia di cambiarti la vita. La tua e quella dei 120 passeggeri che popolano il tuo aereo. Perché in volo per Detroit, a 30.000 piedi d’altezza, il velivolo ‘guidato’ da Whitaker ha un guasto tecnico. E il precipizio è immediato, rapido e terrificante. Se non fosse che il Capitano riesca con una serie di ‘mosse’ impensabili e folli a fare un atterraggio di emergenza, salvando circa 100 persone. Solo 6 i morti. Tanti, ma niente dinanzi a quello che sembrava un disastro annunciato ed irrimediabile. William “Whip” Whitaker è un eroe. O forse no. Perché nel passato e nel presente dell’uomo c’è una verità per troppo tempo nascosta che fa rima con alcool e cocaina…

Una storia di una semplicità disarmante. Un soggetto probabilmente di poche righe, poi ampliato in fase di sceneggiatura dal giovane John Gatins (nominato agli Oscar), fondato su un’unica colonna portante: la figura umana, e il suo rapportarsi a Dio, al destino, e alle proprie capacità. Le debolezze che spingono tutti noi a compiere sciocchezze, negando l’evidenza a tal punto da far precipitare ogni cosa. Partendo da questi pochi e solo all’apparenza banali presupposti, Robert Zemeckis è riuscito a creare l’ennesimo gioiello di una carriera che continua a non conoscere confini. Diretto con spaventosa maestria, Flight è un thriller dell’anima. Grazie ad un maestoso Denzel Washington viviamo le debolezze di un uomo allo stremo. Senza più una moglie, con un figlio che lo detesta, un passato ingombrante di un padre mai dimenticato ed un presente che sfocia nell’alcolismo puro.

Continuando a nascondersi dietro la divisa da pilota, William “Whip” Whitaker affoga le proprie paure e i propri fallimenti, rischiando così di far naufragare non solo la propria esistenza, ma anche quella di un centinaio di innocenti, salvati da un disastro certificato grazie alle sue innegabili doti di guida. Planando sulle forti e barcollanti spalle del suo unico protagonista, Zemeckis non prende posizione, senza così annunciare vincitori ne’ vinti. Cosa siamo su questa Terra, se non pedine di una forza superiore, si chiedono più volte i ‘sopravvissuti’ alla vita di Flight. Tossicodipendenti, malati terminali di cancro o semplici ‘co-piloti’ di un volo che sembrava destinato alla ‘strage’. Tutti uniti dal dolore, e dal peso di un ‘destino’ che solo all’apparenza appare come irrimediabile.

Se non fosse che ognuno di noi abbia la forza di sterzare, atterrando così su un’esistenza diversa e probabilmente solo inizialmente più dolorosa, ma dai contorni futuri più limpidi e sicuri. A farsi portavoce di questa possibile trasformazione umana un Denzel Washington spaventoso. Appesantito, stanco e trascinato da una vita che non è vita, perché fondata su poche e tristi certezze. Il vizio. L’alcool. La droga. Gli eccessi. Costantemente nascosti dietro bugie mastodontiche, che con gli anni si fanno sempre più ingombranti ed ingestibili, tanto da costringerti a prendere una decisione da cui è impossibile tornare indietro.

Flight è Denzel Washington. Il film ruota completamente attorno alle qualità recitative di un attore straordinario, da tempo mai così in parte e sfaccettato, nel oscillare perennemente tra autodistruzione e sobrietà mentale, tra gesto eroico e colpevolezza. Al suo fianco Zemeckis costruisce poco o nulla, se non una serie di friabili personaggi il cui compito è quello di ‘scontrarsi’ con William “Whip” Whitaker, in modo da farlo atterrare prima dell’ormai prossimo schianto definitivo. Accompagnato da una colonna sonora straniante, per quanto variegata e ‘sixties style’, Flight vola sulle ali di una regia a più strati. Tesa, catastrofica e spettacolare nell’eccezionale scena del disastro aereo; intima, ferma e focalizzata sull’individualità nei confronti della discesa all’inferno del suo protagonista. Complessivamente, Robert Zemeckis regala due ore di cinema sontuoso, tanto da concedersi un delirante cameo di John Goodman (il suo ‘sono nella lista‘ è già cult), fino ad arrivare alla sentenza finale che atterra con coraggio su un campo minato, dopo un crescendo rossiniano di autolesionismo fisico e psicologico allo stato puro.

Se 13 anni fa erano stati un pallone Wilson e le ali della FedEx a salvare Tom Hanks, con Flight Zemeckis vola ancora più in alto, navigando a vista tra menzogne e debolezze, tra bottiglie di vodka e strisce di coca, tra passato e presente, tra maschere a lungo indossate e rughe sempre più esemplificative, per poi tornare a galla tra gli applausi. Sentiti e sinceri, in omaggio ad un grande regista finalmente di nuovo tra noi. Tra gli ‘umani’ in carne ed ossa.

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Dal 2010 cerco di “far volare” sul web la mia passione per i viaggi. Ho vissuto in Australia, ho visitato tutto il Sud-Est Asiatico, ho attraversato l'intero Vietnam in moto per consegnare libri ai bimbi degli orfanotrofi, ho visto innumerevoli volte l'Aurora Boreale in Islanda. Nel 2019 ho co-fondato SiVola, il primo tour operator creato da travel blogger.