La storia di Fabio, per gli amici “Riga”, e la sua voglia di scoprire ogni angolo del mondo, unita alla sua passione per il video-making. Sud America e Australia mancano alla sua “bucket list” e dalle parole che leggeremo in questo articolo, non ci metterà moltissimo tempo a toccare anche questi luoghi aggiungendoli al suo mappamondo personale.
Ciao. Presentati e spiega cosa stai facendo ora.
Ciao Daniel!
Mi chiamo Fabio Covais e attualmente mi sto cimentando nel montaggio di un film, un corto di 45 minuti circa, nel quale documento il mio viaggio mondiale. Si tratta d’un progetto artistico e di vita, ché richiederà ancora qualche anno, ed è intitolato Traveling – Riga World Tour. (Riga sarebbe il mio soprannome).
Che lavoro facevi in Italia? Perchè hai preso questa decisione di partire?
Vivo tuttora in Italia e ho un impiego in banca.
L’idea del Riga World Tour nasce da una velleità artistica personale. In realtà, salgo e scendo dagli aerei da sempre (con la mia famiglia prima, con la mia compagna adesso); poi un paio d’anni fa mi son lasciato intrigare dall’universo del video-making e ho pensato di coniugare le cose. So che non è originalissima come idea, ché l’han già fatto in tanti, però ho pensato fosse una storia che valesse la pena raccontare. Almeno, io una storia del genere l’ascolterei volentieri.
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Che Paesi hai visitato da quando sei partito? Hai stabilito delle tue regole non scritte durante il viaggio?
In Europa ho visitato Spagna, Germania, Irlanda, Francia, Portogallo, Austria, Paesi Bassi, Inghilterra, Ungheria, Grecia e Norvegia. E l’Italia, che ho girato in lungo e in largo.
Ho viaggiato anche negli Stati Uniti, in Canada, a Cuba, in Medio-Oriente (Egitto e Giordania) e più di recente in Thailandia e in Tanzania.
L’unica regola del Riga World Tour è quella di documentare il viaggio con foto e video accuratissimi. Una consuetudine poi è quella di riposare pochissimo; si fanno sempre alzatacce e stando fuori dalle 12 alle 14 ore al giorno finisce sempre che ci si spreme come agrumi. Ecco, il RWT non è proprio una “vacanza”… anzi, non lo è per nulla. È, semmai, pura, pienissima vita. (E la vita è anche disavventure; e io potrei raccontartene. Parecchie.)
Le cose che ti hanno colpito di più in positivo e in negativo in giro per il mondo?
Le più straordinarie le ho viste in Tanzania. Quegli scenari m’hanno stregato; troppa bellezza, troppa forza. Sul piano naturalistico non credo mi capiterà di osservare qualcosa di più stupefacente. I giganti della savana poi esercitano su di me grande fascinazione sin da quando ero bambino. Fra tutti, è stato anche il viaggio più impegnativo; paesaggi come quelli che puoi ammirare nel cratere di Ngorongoro o a Natron, però, ti rimangono dentro con immagini fulgenti.
In Egitto mi sono trovato a camminare dentro scenari surreali come il Deserto Bianco e il Deserto Nero.
Il Wadi Rum (in Giordania) è uno dei luoghi più spettacolari che ho visto finora; il più arancione, sicuramente.
Di Cuba ricordo i colori e quel suo popolo dignitosissimo. Lì ho vissuto un’esperienza di mare indimenticabile (ed è un siciliano a scrivertelo, eh). Se un giorno doveste trovarvi a Cayo Rico, provate a immergere le mani nella sabbia: per ogni volta che lo farete il mare vi regalerà conchiglie in madreperla ed altre con fantasie che crederete essere state dipinte. Vi parrà d’avere trovato un tesoro e vi sentirete ricchi. Con un po’ di fortuna potreste anche osservare un doppio arcobaleno circolare inanellato intorno al sole; a me è capitato.
Ti scriverei pure d’un viaggio molto eccitante che ho fatto in California, o dell’oasi di Siwa, miracolo naturale nel cuore del Sahara, ma non voglio dilungarmi.

Un’esperienza negativa è stata quella che m’ha portato a contatto con la gente de Il Cairo.
Siamo stati continuamente provocati e messi a disagio, non si sono mostrati né rispettosi né accoglienti con noi visitatori. Più di tutto, abbiamo mal tollerato la condizione delle donne nel paese. Inaccettabile. Ho apprezzato tanto la città, così caotica e ricca di contrasti; ma sono felice d’aver passato la maggior parte del tempo in viaggio nei deserti, lontano dalla civiltà.
Sicuramente ti sentirai cambiato, il viaggio amplia le nostre conoscenze. Cosa pensi di aver imparato durante tutto questo tempo?
A confrontarmi con le differenze.
Ricordo che a Petra, davanti a El Khasneh, io e la mia fidanzata chiedemmo a una donna di scattarci una foto ricordo. Quando ci mettemmo in posa, abbracciandoci, la donna istintivamente si coprì il viso con le mani, come se avesse visto uno spettacolo raccapricciante o le avessimo tirato un sasso: al suo sguardo, la scena risultava semplicemente insostenibile. In un primo istante giudicai quella reazione un’assurdità (inoltre c’aveva messo in imbarazzo). Poi ho capito che andava rispettata comunque. Fra l’altro, dopo siam finiti a farci le foto insieme e allegramente.
Un confronto ricco di “good vibrations” è stato quello con la gente della Tanzania. Sulla pagina Facebook ho raccontato due giornate passate con loro che annovero tra le più belle della mia vita. Lì abbiamo imparato tanto.
Culturalmente, forse il viaggio più stimolante è stato quello in Thailandia. Un popolo che per efficienza e per stile di vita giudico non-poco avanti al nostro. Ho adorato la loro cucina, ammirato la loro architettura classica (che meraviglia i templi…) e quella concezione del vivere così spirituale.
Solo un po’ troppo turistica.
Progetti e viaggi futuri?
Per completare il tour mancano ancora il Sud America (che toccherò a luglio) e l’Australia. Ah! E l’Antartide, che intendo raggiungere dalla Patagonia (altro mio sogno proibito).
La gente pensa che per viaggiare nel mondo sia necessario avere tanto denaro in tasca. Confermi o puoi sfatare questo mito?
Non posso che confermare. Il mio film sta raggiungendo costi di produzione tipo AVATAR di James Cameron. Oltre ai soldi, servono anche tanti giorni feriali; quelli davvero non bastano mai. Per visitare bene gli USA, ad esempio, son dovuto tornarci per tre estati consecutive.
Voglio sfatare invece un altro mito. Per determinati viaggi, avere il denaro non basta: serve una determinazione, uno spirito d’adattamento e un impegno tali che solo una vera passione può darti. Ultimamente mi piace andare a curiosare negli angoli più sperduti del mondo, luoghi ostici, dove non ci sono strade né servizi. Il viaggio che mi appresto a fare quest’estate in Bolivia, ad esempio, so già che sarà stremante. Lì, durante la notte, la temperatura scende a -10 gradi, e da quel che ho letto non è che vi siano molte strutture d’accoglienza per i visitatori. Speriamo bene.
Cosa consigli alla gente che ha intenzione di intraprendere un’avventura come la tua?
Fatevi vedere da uno bravo, uno specialista.
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Ok! Pagina Facebook , dove troverete il mio ultimo video del quale -oggi- vado orgogliosissimo ma di cui mi vergognerò presto. Io son fatto così.
Poi account Instagram e account YouTube (dove troverete altri trailer del film che sarà.)
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